Presentazione di Serena Becagli
Plastica di corpo è la prima
di una serie di riflessioni di Alessandra Cinquemani
sul confronto tra il corpo e le sue simulazioni.
Attraverso la plastica luomo ha esteso se
stesso, creato il suo doppio, ricostruito parti di
sé. E questo materiale artificiale, così lontano
dalla passionalità della carne, nel momento in cui
si trova alle prese con la simulazione
dellessere umano, cattura linteresse
dell'artista.
Labilità di Alessandra nel
cogliere lessenza e la profondità degli stati
psicologici la si era già potuta osservare in altre
occasioni, come la mostra collettiva Extemporanea
del 2001 alla Stazione Leopolda in cui una
gigantografia di un uomo, colto in un istante in
mezzo alla folla, focalizzava lattenzione sul
volto, assorto e pensieroso, mentre il resto della
gente lo sfiorava e lo avvolgeva.
Altre ricerche attorno al corpo umano
e al ritratto le ha poi presentate in mostre tenutesi
al Tenax di Firenze, a Loro Ciuffenna (AR) e a una
nuova edizione di Extemporanea nel 2005
insieme al collettivo Gruppo 05. Sempre con il Gruppo
05 ha partecipato ultimamente ad una mostra
collettiva con un lavoro dal titolo Garbage,
in cui gli oggetti presi dal mondo dei rifiuti sono
diventati i protagonisti degli scatti fotografici
negli spazi di Villa Bellosguardo a Lastra a Signa
(2006).
Questi due orizzonti di ricerca, il
corpo umano con le sue implicazioni psicologiche, e
il mondo effimero, di plastica, ora si fondono in una
mostra personale in cui lo sguardo di Alessandra va a
indugiare su quegli oggetti che lessere umano,
con le sue debolezze e le sue contraddizioni,
ricostruisce attraverso la plastica simulando se
stesso, ritrovando se stesso.
Alessandra ci ricorda che anche in
quel mondo di plastica cè unanima, ci
sono delle emozioni. E come in ogni storia tutto
inizia con la nascita, linfanzia. Plastica che
simula il corpo e uno dei nostri primi ricordi
dellinfanzia, la bambola. Potrebbe essere una
bambola abbandonata tra i rifiuti, oppure scordata in
fondo allarmadio insieme ad altri giochi.
Ma Alessandra la decontestualizza e la
mette a fuoco togliendo dallo sfondo ogni particolare
che possa darle altre connotazioni, nascondendo
qualsiasi riferimento emotivo, forse per dare la
possibilità allo spettatore di ricostruire una
propria storia. La bambola, acefala, trasmette al
primo sguardo un certo disagio, un senso di
abbandono, trascuratezza. La provocazione
dellartista sta proprio in un processo di
nobilitazione di questo oggetto, che attraverso il
suo sguardo subisce una metamorfosi.
Lartista non si limita a
scattare la foto di una bambola trovata casualmente
per terra. Lei trova loggetto - che forse
appartiene al suo passato ma non ce lo dice - e lo
colloca su un piano come fosse un piedistallo, prima
di fotografarlo. Verrebbe da pensare anche a certi
reperti antichi, a certe sculture del passato che
hanno perduto le braccia o la testa. Esse appaiono ai
nostri occhi comunque belle, persino perfette.
Tutto dipende da come guardiamo le
cose, da come siamo abituati a vederle. Forse il
passare del tempo, o forse solo uno sguardo più
attento come quello di Alessandra, ci faranno vedere
una realtà diversa. La scelta di una posa o di
uninquadratura, la forza di una luce, faranno
in modo da impressionare sulla carta immagini di una
realtà diversa da quello che sembra.
[Serena Becagli]