Indice L'area di Broca
 
L'Area di Broca
Indice n.75
 

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"L'area di Broca", XXIX, 75, 2002

AMICIZIA / COOPERAZIONE

 

Gabriella Maleti

Oh, Firenze... oh oh!
 

Ore sette della mattina. Una donna magra, dai capelli biondi e con un'ampia palandrana addosso, urla parole sotto la pioggia fitta. Al guinzaglio ha un piccolo, infreddolito cane nero che la segue sotto l'acqua. La donna, fradicia, cammina in su e in giù sul marciapiede puntando un dito contro qualcuno o qualcosa di invisibile. Impreca, o ammonisce. Non si capisce che lingua parli. Guardandola anche da lontano si capisce però che è reietta. Lo zaino gonfio è a terra, e il fondo della palandrana chiara, a forza di strusciare il marciapiede, è zuppo d'acqua e nero.
   Potremmo avvicinarci. Chiederle se ha bisogno di qualcosa. Potremmo allungare la mano con del danaro. In effetti lo facciamo. Allora lei si placa e guarda sorpresa. Gli occhi chiarissimi per un momento diventano più intensi, assolutamente ragionevoli. Poi si piega in un piccolo inchino. Il cagnetto nero dal basso ora abbaia irato contro gli estranei, così la donna si china e lo prende in braccio. Si potrebbe venir via. Ci incamminiamo. Ma alle nostre spalle il silenzio dura poco: iniziano ancora alte ed acri, in una lingua difficile da riconoscere, le imprecazioni della donna. Voltandosi si potrebbe vedere la donna che cammina in su e in giù con il piccolo cane sotto al braccio, con l'altro gesticola. I capelli grondano di pioggia, divisi in tanti mazzetti.
   Si potrebbe pensare che non è possibile lasciare qualcuno ad urlare sotto la pioggia. Affrettando il passo arriviamo in casa: si possono prendere scatolette di tonno, di fagioli, un pezzo di pane, frutta, bottiglie d'acqua, un litro di latte a lunga conservazione, una coscia di tacchino surgelata per il cane. Con il sacchetto di plastica pieno corriamo giù. Strada facendo si potrebbe ancora pensare che sarebbe utile chiamare il pronto soccorso, o i carabinieri. Ma, vediamo come procede la storia.
   Ora la donna si è riparata sotto la pensilina della fermata d'autobus, lo zaino è sul sedile di legno e il piccolo cane è raggomitolato sullo zaino. Trema come una foglia. Dopo un momento allunghiamo il sacchetto chiedendo se lo vuole. Lo teniamo, così, teso. Lei non allunga la mano, allora ritiriamo il braccio, il sacchetto si lascia andare lungo la gamba. Lei mormora qualcosa in francese. Si potrebbe chiedere se parla francese, allora. Ma lei dice che è greca. Dice io greca guarda viso. Si allontana i capelli bagnati per mostrare il viso. Come sono i greci? Scuri, mediterranei. Ma lei dice ancora io greca, vede? Chiediamo di poter chiamare il pronto soccorso. No,no, polizia no, no...Si raggomitola spaventata. Il cane trema sempre. Si potrebbe, qui, porgere ancora il sacchetto di plastica con i viveri, e dire che sono per lei e per il cane. La donna guarda nel sacchetto, poi ancora un altro piccolo inchino. Sorride e dice voi papa amore, Firenze oh oh!, Firenze oh oh!. Accenna a moti di stupore con piccoli passi e le braccia aperte, come ad abbracciare la città. Porgiamo anche l'ombrello, lei indietreggia, ripete no no. Insistiamo. No no, no no. Le piace l'acqua.
   Che fare? Non c'è più molto da fare. Si potrebbe porgerle ancora del danaro. Ed è quello che facciamo. La donna lo tiene in mano e lo osserva. Lo sguardo è diventato presente, ragionevole. Forse chiede dove abitiamo. Non è chiaro. Ma facciamo cenno alle nostre spalle: "Dietro, laggiù...". A fatica dice oh, Firenze... Poi dice anche altro, qualcosa che non si capisce. "Non perdere il danaro". Allora lo infila in una tasca dei jeans. Il cane è sempre un tremito. Il cielo è grigio e continua a piovere. Lei alza le braccia mettendosi in varie posizioni estatiche, come se osservasse opere d'arte. Rapita mormora ancora oh oh, Firenze! oh oh! Fi... Guarda attorno perduta in qualcosa che solo lei vede.
   Si potrebbe restare lì ancora a lungo, ma la guardiamo un'ultima volta accennando un saluto, forse una raccomandazione. Inutile definire tristezza quello che si potrebbe provare, forse dolore, forse oppressione. Poco dopo, alle nostre spalle, si odono di nuovo le sue alte imprecazioni.
   Non c'è nulla da fare.
 


 
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