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L'Area di Broca
Indice n.75
 

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"L'area di Broca", XXIX, 75, 2002

AMICIZIA / COOPERAZIONE

 

Leonardo Conti

Diecimila ettari di gloria
 

Qualche notte fa mi apparve in sogno Vittorio Sereni.
   Milano. San Siro, per l'esattezza, distinti del secondo anello. Manca ancora una mezz'ora buona, all'inizio di Inter-Juve. Vittorio sceglie di ammazzare il tempo con una polemica delle sue. Indugia in una tasca del tabarro, poi ne trae un cartoncino lilla. Me lo porge.
   "Sì... la presentazione del libro di L.: c'è stata venerdì. E allora?", avanzo - ma ho già capito...
   "Non era per me. È l'invito arrivato a Pontiggia! Me l'ha dato lui, per farmi capire che a me non l'avevano spedito! E io non ci volevo credere, Leonardo!"
   E giù sproloqui sul traffico di Milano - che non c'entra nulla - e Bocca di Magra che non è più quella di una volta. Ne ha anche per i petulanti vari (concordo, qui). Finché non arriva al dunque.
   "Sanno che non ci vado, e allora non me lo mandano. Ma io lo esigo!", sbotta proprio mentre l'altoparlante inizia ad eruttare la nostra formazione: Sarti, Burnich, Facchetti, Bedin, Guarneri...
   Il giorno dopo, complice un'agenda totalmente vuota di impegni domestici - canina e moglie escluse, entrambe di pelo rosso e magre, pertanto impossibilitate a donare il sangue, che da un po' di tempo, per l'appunto, può essere prelevato anche a volontari canidi -, mi sono messo a riflettere sulle mancanze di rispetto che ho subito negli ultimi sei-sette anni. Ed ho realizzato che il 95% di esse va ascritto a una particolare categoria della fauna umana, che conobbi teoricamente, ormai qualche anno fa, grazie a Luciano Bianciardi e Carlo Cassola: i localisti. Difficile, salvo diffidare sempre e comunque di chicchessia, non inciamparci mai, nella vita. Sono individui pericolosissimi, perché concedono un'apparente visibilità. L'importante è non perseverare, fuggirli prima che invadano completamente le nostre campagne, come una fillossera della para-cultura.
   Niente amicizia e nessuna cooperazione, con loro. Ecco un dodecalogo, spero esauriente, che può aiutare a individuarli più o meno sull'istante: tenendo presente - indicazione generale - che egli (o ella) privilegia iniziative da portare a compimento in numero di persone dispari e minore di due, e soprattutto che, non avendo sostanza, non conosce la forma.

  1. Il localista è sovraesposto. Per motivi ignoti ai più, e forse legati ad equilibri socio-politico-economici del borgo - della piccola patria -, l'unico argomento che mastica gli è stato dato in appalto. Ciò gli permette di ratificare il suo ruolo nell'ambito d'azione, come un sedicente animale dominante nell'areale di riferimento. Ma sul resto è buio di caverna (un localista di queste latitudini, quattro anni fa, pensava che Renato Serra fosse il padre di Michele, e me ne chiese conferma).
  2. Dice sistematicamente di no alle idee altrui. Però, attenzione!, gli capita di rubarle - magari a bocce ferme, 6-12-18-24 mesi dopo. Il problema non era la proposta, ma che non fosse sua.
  3. Non accetterà mai di dar vita a una rivista letteraria. In questo caso, però, perché non potrà dirigerla (il vero localista non ha la tessera di giornalista).
  4. Non invita alle sue serate chi gli potrebbe fare ombra anche solo sedendo tra il pubblico. Ovvio: qualcuno potrebbe riconoscere, in platea, persone che starebbero più degnamente alla tribuna degli oratori, in luogo di avete già capito chi.
  5. Se il localista "ringamba", la responsabilità è immancabilmente della politica. Solo di fronte alle perplessità di sindaci, assessori, o alti funzionari, infatti, accetterà di stravolgere iniziative già pianificate, buttando alla gramigna decisioni prese, dettagli discussi e anche le persone coinvolte. Queste sono le situazioni in cui può cadere nel grottesco, poi: nel delirio orgonico-organizzativo, sarà capace di chiedere al direttore del TG5 - conosciuto di sfuggita sei mesi prima a una cena - l'introduzione a un volume di foto sui resti dell'acquedotto romano rinvenuti presso la scuola materna della frazione pedecollinare.
  6. Parla sempre della sacralità dei soldi del contribuente, ma solo fino a quando non finanziano iniziative sue. In tal caso, divengono solo la necessaria benzina - cui è inutile accennare, visto che va acquistata per forza...
  7. Quando rivela le sue alte conoscenze, ovvero ogni volta che ha un interlocutore, dà la preferenza alla bassa aneddotica (se il grande critico è dedito all'alcool, prende ogni sera a cinturate la moglie ed è o no puntuale).
  8. Nelle occasioni pubbliche, non vi presenterà a nessuno (oltretutto, il vero localista vi riterrà sempre dei misconosciuti, bisognosi in eterno della sua benevolenza): vedendovi a chiacchiera con K.X., celebre personaggio che magari conoscete già, si precipiterà nel mezzo e vi connoterà con le immancabili parole "È un mio amico", "...collega d'università". Eufemismi per figlio di.
  9. Attenzione ai piaceri: tenderà a farvene tanti, e non richiesti. Ma aspettatevi il conto (lire o euro, saranno sempre prefazione da scrivere, racconto da passargli per una strepitosa antologia o il suo nome da inserire tra i promotori di a da in con su per tra fra).
  10. Dire che si circondi di mediocri è improprio. Piuttosto, chiunque ci collabori rimarrà sempre ben incasellato. E la ruota gira: chi prende coscienza e lo abbandona viene rimpiazzato subito. Per questa nota distintiva, chapeau!
  11. Un caso particolare, ma non raro, è allorché due di essi si trovano nella stessa stia. Una sorta di ragion di stato li porterà, solo in apparenza, ad amarsi, onorando i rispettivi monopoli culturali nel villaggio. Faranno terra bruciata. Ma chi avrà avuto la sventura di frequentarli separatamente, si ritroverà sul groppone decine di venefiche accuse, calunniette e colpi bassi reciproci.
  12. In definitiva, però, i confini della fama di un localista non oltrepassano i 10.000 ettari. Se abita e fa danni a Massa, ad esempio, già a Sarzana - in su - e a Pietrasanta (verso sud) il suo nome risulterà sconosciuto. Provate: lo verificherete con facilità. A lui/lei, tanto, non interesserà granché, salvo nei casi di frustrazione cronica.

   Amara nota finale.
   Una mattina di qualche mese fa, in banca, pensai di avere raggiunto l'acme dei miei problemi di vista. Invece, dopo essermi ricalcato sul naso gli occhiali, notai che la persona di fronte (dalla parte giusta dello sportello), in pieno delirio da libera docenza in bonifico al cospetto di me cliente ignorante - ma non ipovedente -, portava davvero un orologio identico al mio, preso con 100 punti alla pompa della nota compagnia petrolifera: io grazie al carburante senza piombo, oltre il suddetto sportello chi lo sa...
   Sembra che non c'entri? C'entra, c'entra...
 


 
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