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L'Area di Broca
Indice n.75
 

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"L'area di Broca", XXIX, 75, 2002

AMICIZIA / COOPERAZIONE

 

Alberta Bigagli

Incontri*
 

Oggi è sabato ma voglio parlare di due giorni fa, di uno dei soliti giovedì di Montelupo. I giovedì di Montelupo io li vivo la mattina. Voglio parlare per dire, raccontare della mattina di giovedì scorso. S'intende che eravamo in gruppo. Al primo tavolino della sala, anzi salone, della refezione. Finestroni a sbarre, alcuni aperti. D'inverno io chiedo di chiuderli a chi è alto di statura. E noi del gruppo che si fa? Si parla insieme e io scrivo, col permesso degli altri. Domandare, rispondere, far silenzio, prendere arie pensose, ridere, sciorinare una serie di parole e sceglierle subito per fissarle sul blocco, seguite dal solo nome di battesimo.
   - Franco cosa ti piace di più, la campagna o il mare?
   - Il mare.
   - Lo hai visto spesso?
   - Una volta.
   - Eri solo?
   - Ero con mia sorella.
   Franco è il "bambino" fra di noi. Un uomo giovane con occhi celesti. Mi fissa con insistenza, oppure fissa Angelo, l'infermiere. Parla solo se è interrogato e risponde a monosillabi, le labbra asciutte, l'aria decisa. Usa soprattutto il sì e il no, ma indica anche cose e persone con i nomi. Si alza a volte dalla sedia e si allontana, per irrequietezza.
   - Torni Franco?
   - Sì.
   E infatti, dopo due o tre minuti torna. Noi al nostro dialogo diamo un titolo alla fine, ma staccato dal testo e di fantasia. Ne diciamo tutti uno e poi si fa la votazione per scegliere. (...).
   Hanno una lunga storia questi miei "incontri": Quando si entra nel salone della porta-cancello spalancata, si ha di fronte la parete laterale, in vetro, dal lungo banco in marmo per la distribuzione del pasto. Sul vetro c'è l'avviso che riguarda il Teatro e l'avviso che riguarda me. La scritta è questa: "incontri con l'alberta". La elle dell'articolo è stata aggiunta, con un felice effetto familiare. Ma tutti, voglio dire anche gli Psicologi, certi Operatori esterni e amici miei, letterati o no, li chiamano "incontri di poesia". Prima che siano conosciuti i testi, sono io che butto questo seme, parlando di Linguaggio Espressivo. È del resto la definizione della mia attività di ricerca da quasi venticinque anni.
   È da considerare di rispettosa lunghezza anche il periodo di novanta incontri settimanali, qui tenuti, cui vanno aggiunte due o tre settimane di vacanze estive. Novanta dicevo, un numero da tombola. Solo per guardarsi in viso e dire di ricordi, impressioni, sogni, riflessioni. Ogni tanto qualcuno dei frequentatori viene messo fra coloro che il giovedì mattina "fanno l'uscita". Ogni tanto, per compenso, qualche viso nuovo appare, si affeziona e prende a frequentarci. C'è anche chi se ne va per "fine pena". All'ultimo incontro, è emozionato lui e un po' malinconici noi. Sono difficili le amicizie fra uomini in questi luoghi, ma quando i contatti si stabiliscono è la pura affettività che si afferma.
   Renato, di cui dicevo, anziano e bello, oggi lascia la nota preferita dei ricordi e va poetando liberamente. Fabiano, cicciotello e colorito, che facilmente parla della Bibbia, oggi la vede come una luce in fondo al buio. Gimmy, un amico scettico, oggi si dichiara abitatore di un altro mondo, rivelando che ha fatto il subacqueo. Walter, il silenzioso Walter, appassionato di lettura e di cinema, parla dell'Africa in un film d'avventura e, più avanti, cita Leopardi. Infine Angelo, che è l'infermiere, il padrino del gruppo, dice, in risposta a qualcuno, che qualunque uomo è sempre ricco nel suo pozzo profondo. Non ha mai smesso di frequentare, il nostro Angelo. È un trentenne già padre. È sardo. Quelli che ho nominato fin ora sono settentrionali, meno Walter che è nato in San Frediano a Firenze.
   Finito l'incontro, rimetto il blocco nella cartellina, saluto gli affezionati e altri che incontro più la Guardia e infine esco, trovandomi davanti il solito grande spazio. Il solito esercito sparso dei gatti. Sanno e sentono che è vicina l'ora del desinare e si sono messi nelle vicinanze. Mentre passo, mi guardano come potessi offrir loro qualcosa da mangiare, ma scattano via morbidi se tento di carezzarli. Il terreno è lieve in discesa.

Bruno della buona tavola
*
A me piacciono i gatti.
Vengono dentro la mia cella
E io gli do da mangiare.
Uno ha preso confidenza.
La notte entra
per dormire sui miei piedi.
A me fa piacere
e non lo mando via.

Olindo del Fuoco
*
Una volta ero in collina con gli amici.
Avevo circa dodici anni.
Non so perché
loro mi hanno dato fuoco
e lanciato in aria.
Mi ritrovai lontano lontano.
Il fuoco si era spento
e i vestiti li avevo addosso
ma non avevo più capelli.
Passava una cinquecento e mi hanno detto
"vieni con noi".
Mi portarono in un paese
che non conoscevo
ma che mi piacque molto.
Non ricordo come si chiamava.

Livio di Dio
*
L'esistenza è semplice.
Consumismo
di arrabbiatura.
E molto vorace
di parole amiche.
Entusiasticamente
molto precoce
nel sentirsi amata.
L'esistenza è
un grande sogno
di grande personaggio.
Artisticamente buono
e niente cattiveria.

Giovanni del mare
*
Nella mia vita
è importante l'amore.
Non l'amore in senso fisico
ma in senso platonico.
A me con le donne
mi piace essere amico.
A Milano certe ragazze
mi telefonavano per confidarsi.
O si erano lasciate col ragazzo
o era accaduto qualcos'altro
e loro mi chiedevano aiuto.
Qualche volta
mi sono proprio innamorato.
Mi ricordo di Gesuina.
Andavamo d'accordo e c'era
qualcosa di più dell'amicizia.
Erano momenti spontanei.
Si bevevo un'aranciata o una coca
e si parlava un po' di tutto
anche di cultura.
Non mancavano i panini imbottiti.
Per me è un ricordo bellissimo.
Gesuina fra l'altro era bella.
Comunque l'amore è universale.

* da Olindo del fuoco - Poesia dall'Ospedale Psichiatrico di Montelupo (Giubbe Rosse, Firenze, 2001).
 


 
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