Indice L'area di Broca
 
L'Area di Broca
Indice n.73-74
 

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"L'area di Broca", XXVIII, 73-74, 2001

TERRA

 

Eleonora Pinzuti

"Verso un paese dove scorre latte e miele" (Esodo 4,8)

A tutte le donne che hanno bisogno d'aiuto
e non possono neppure sperarlo, con amore

Dal finestrino le colline occhieggiavano bonarie e silenziose. Un cielo azzurrissimo indicava un Maggio profumato, e il mare, al di là dai vetri, veniva solcato dai primi windsurf. Livorno. Prima c'era stato Torino. Poi Milano. L'Italia, la terra promessa.
   Tutto era cominciato a Berat, due anni prima. Pareva un secolo. Un'altra vita. Lei e Hana tornavano dalla biblioteca, una sera come tante. L'auto, una Lada nera sembrò avvicinarsi per caso. Veronica si ricordava benissimo: i quattro che l'avevano tirata all'interno dell'auto e l'avevano bendata, le botte sulla faccia, sulla pancia: e poi la violenza sessuale, tanto forte da costringerla per quindici giorni a farsi impacchi fra le gambe di Raki, un liquore molto forte, l'unica cosa da usare per non destare sospetto.
   Sulla spiaggia intanto famiglie intere distendono i primi teli da mare, distratte dai giochi dei bambini e dall'ultima giornata di campionato che viene trasmessa dagli autoradio delle macchine in sosta lì vicino. Alcuni chioschi di gelati sono già aperti e giovani coppie o gruppi di ragazzi vanno a sedersi per gustare un aperitivo.
   Dopo la violenza Veronica e Hana furono gettate in un campo e da lì raggiunsero, a stento, una casa isolata: "succede spesso" fu il commento della donna che le aiutò almeno a lavarsi prima di fare ritorno a casa. Entrando nell'abitazione misera dei suoi Veronica disse che un camion l'aveva investita e per una settimana stette al letto, con le ferite alla vagina che non cessavano di sanguinare.
   Gerti la fa scendere di macchina, con uno spintone: sono arrivati. Veronica starà là tutta la notte; c'è da augurarsi che tiri su almeno un milione altrimenti voleranno via i due incisivi che le restano, a diciassette anni. Certo, la tentata fuga di qualche mese fa le aveva anche provocato la zoppia: si spara sempre alle gambe nel racket, perché se da un lato è atto simbolico, dall'altro rende comunque più difficile altre fughe a certi soggetti "difficili". Inizia a valere poco sul mercato. Lei non lo sa ma ad attenderla c'è un sacco nero, e un prato isolato. Se la ritrovassero nessuno saprebbe chi era stata, da viva.
   Veronica scende. Non spera più di trovare un cliente che la porti nella caserma più vicina. Accadde una volta, a Milano. Ma la venne a prendere proprio la donna che la teneva prigioniera in un albergo di periferia: quei poliziotti che l'avevano caricata mentre gridava aiuto in mezzo alla strada erano clienti.
   A Berat, nella casa che divideva con i genitori e tre fratelli, si presentò alcuni giorni dopo lo stupro un ragazzo: disse di chiamarsi Amed, e di volerla in moglie. Lo riconobbe come uno dei quattro stupratori. C'erano suo padre e suo fratello, a discutere la cosa. Si guardarono e decisero che sì, andava bene. Amed la portò a Valona, non prima di averla picchiata e stuprata ogni notte e di essersi fatto dare dei vestiti dalla sorella di lui. "Beata tu che vai in Italia" aveva detto la mamma di Amed. Prima però sarebbero passati dalla Grecia, dove avrebbero salutato il fratello di Veronica, che tanta parte aveva avuto nella decisione del padre di affidarla al suo aguzzino. Veronica per un istante pensò che il fratello l'avrebbe aiutata.
   Si avvicina velocemente la sera. Da un lato il mare regala barbagli di colori, mentre la campagna sparisce inghiottita dalla sera. Si accendono nelle case le prime tv, e dagli appartamenti più bassi vengono le risate dei bambini. La sigla del tg 1 parte d'un tratto, come uno squillo di tromba, mentre il primo cliente chiede a Veronica con aria distratta e annoiata "Quanto vuoi"?
   Suo fratello a vederla a Valona, vestita da puttana, sorrise: "Ma come ti sei ridotta?". Poi parlò con Amed, che gli passò dei soldi. Veronica capì allora che era stato suo fratello a venderla ad Amed: anche lui era fra i violentatori quella sera, in quella macchina. Non si sarebbe potuta salvare più.
   L'arrivo in Italia, non se lo ricordava: aveva freddo, era affamata, e piena di lividi. Un alberghetto in Puglia, altre violenze, da altri sfruttatori, e poi la strada. Subito, alla svelta. Piangeva all'inizio con i clienti, ma quelli non pagavano se piangeva e allora la sera le torture erano peggiori, più meticolose, raffinate. La gettavano in una vasca piena d'acqua con dei fili attaccati alla corrente, oppure la sodomizzavano in mille modi diversi, o le spengevano le sigarette sulle braccia, tanto con gli italiani ci andava al buio e quasi senza spogliarsi.
   Vivevano in tanti, in quelle due stanza d'albergo. Una notte a una ragazzina appena arrivata che non voleva "lavorare" fu fatto mangiare un bicchiere. I vetri le distrussero la bocca e il ventre. Fra gli sbocchi di sangue raccontò al pronto soccorso che le si era rotto in bocca per caso. Fu dimessa senza troppe domande. Morì qualche mese dopo.
   Il Nucleo Operativo Protezione ne aveva salvate tante, dicevano. Tante no, alcune, rispetto alle migliaia che circolano sulle strade italiane. Anche l'Associazione Differenza Donna lavorava con passione e amore, cercando di salvare dall'orrore quante più ragazze possibili. Ma sono i clienti, sono i clienti che andrebbero fermati. Quando con le loro belle auto si avvicinano, giovani, vecchi, sposati, scapoli, operai, militari, e ti chiedono ora questo ora quello, veloci e imbarazzati, indifferenti come si compie un bisogno.
   Giusto uno, in quel momento, su una Picasso grigia, tira giù il finestrino dell'auto. Subito la contrattazione e poi una insenatura della costa per compiere il gesto. L'uomo guarda la ragazza e pensa "Porc.. come è ridotta male. Avrà quarant'anni".
   La lascia dove l'ha trovata. Poco lontano c'è il padrone a cui Amed l'ha venduta. Gerti la osserva.
   L'uomo adesso rientra a casa, un appartamento in una bifamiliare. Saluta i figli e si mette a tavola, davanti a del pollo e a dell'insalata mista. Sintonizza la tv sul TG2 e urla alla figlia diciassettenne di non truccarsi troppo per uscire, perché l'apparenza in una ragazza è tutto. La moglie lo guarda e lo vede troppo allegro. Intuisce e tace. L'uomo fa in tempo, prima di inghiottire la prima forchettata di pollo, a dire che da quando c'è questa immigrazione è pieno di puttane sui viali.

I nomi e i fatti di questo racconto, a parte le associazioni di cui si parla, sono totalmente inventati. Ho cercato di riassumere in una struttura narrativa parte delle notizie lette sull'argomento. Per approfondimenti rimando al libro di Moroli Sibona, Schiave d'Occidente, Mursia, 1999.
 


 
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