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L'Area di Broca
Indice n.71-72
 

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"L'area di Broca", XXVII, 71-72, 2000

SCRITTURA E (E') POTERE(?)

 

Alessandro Ghignoli

Né bandiere né ere
 

A raccontare a raccontare i conti, incalcolabili ponti tra avere e avere, tra voler ancora a più non posso come se saltare un fosso fosse un divieto di vita o virgola parallela allo strano consueto di un percorso diverso e lieto. Sotto chiave tengo le parole, memorie d'essere urbano nell'umano in tondo cercare intorno un incontro a faccia vista di abbandonati abbonati da lima e rima parca nel castello cristallo di nebbia, nel fuscello vascello che s'inerpica incespica sul labiale battito delle tante ragioni e delle sante prigioni. E non ci sono segni da mostrare né pegni letterari nell'ossesso disturbo di un invento evento con un cuore a piazza con zona a traffico ubriaco, a saffico limitato mi estremo e nondimeno a raccontare a raccontare provo almeno ad essere nell'esserci per possedere né bandiere né ere né tessere per tessere un filo comune, un profilo di volto immune a questo attento tempo di sfregi, di sprechi ma ad occhi aperti accanto ad occhi aperti, nell'infame infrazione dell'ordine ameno m'intingo, m'intrigo mi spingo soprattutto, soprattutto per farne a meno.
 

*

Ora, voglio insistere in questo persistere verbale d'intreccio vocale di sentenze senza condanne da caccia alla volpe, alle colpe umide amare tumide d'allegria m'immondo nella poesia o in quello che sia o nell'estrazione della morte, l'astrazione della sorte è matematico spazio circondariale, la misura obesa dell'ombra rovesciata nella pausa digestiva e pesa di un altro ancora, di un alto salto qualora decidere fosse solo imposizione, impostazione del dolo mentale nella scelta vetrina d'esosa eroina. Nei grandi saldi obbligo di marcio smercio, così mi slaccio, mi stacco anche se mi schiaccio sotto l'incudine e il martello, i doppi petti l'incidere di retti rettili, di strabiche strette di mani di cani e m'incanto un canto con un tamburello rotto nel mio cantiere.
 

*

Ad ascoltare i soliti versi, immersi di bontà dove in tutto c'è un niente di realtà, mi vedo costretto a scegliere un ristretto angolo, un luogo al vetriolo dove sostare in andare e come gogna agognante un risucchio mi lascia un ricordo in bocca sapendo che a chi tocca una carogna nel fabbisogno, non pronuncia che la consunta e smunta espressione sogno. Nell'impugnare la resa, presa fra libri e litri di sangue sudore dove il pudore è nascosto per la paura di un costo maggiore, odo le lodi a tutta questa pretaglia e mi vien voglia d'una mitraglia di parola lesta che arresta il battito in un lascito, in un illeso illuso uso di verbi che s'aggirano nascosti per non finire in bocca ai servi che d'ogni razza con la solita filastrocca starnazzano e c'ammazzano.

 


 
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