Ivan Pozzoni:
                    "La domanda è oramai..." 
                    1. Che funzione
                    ha la poesia? A cosa serve? 
                    La domanda è oramai
                    anacronistica, figlia di concezioni
                    strutturaliste o funzionaliste tipiche della
                    modernità. La «poesia», attualmente, non
                    ha nessuna funzione e non serve a niente; non
                    serve a nessuno. Perdendo un «pubblico», ha
                    smarrito la funzione classica di strutturare
                    e/o de-strutturare le società tardo-moderne.
                    La «poesia» è un fossile moderno in epoca
                    tardo-moderna, fatta da spettri che
                    delirano nei Poetry slam o da mummie
                    che si annoiano reciprocamente ai meeting
                    di lettura (Odissee nellOspizio).
                    Linutilità della «poesia» fossile si
                    traduce nellurgenza di
                    unanti-«poesia» che, fatta tabula
                    rasa di ogni residuo moderno di
                    «poesia», riacquisti un «pubblico» e
                    rifondi «comunità» etiche (abbattute dalla
                    de-«privazione» del «pubblico» del
                    tardo-moderno). Arte ed etica, incontrandosi
                    sulla strada della metaetica emotivista,
                    realizzeranno, insieme
                    allantiformalismo, una bellicosa
                    estetica normativa individuale: sopperendo
                    alle carenze delletica, la nuova
                    «poesia» tornerà a avere «voce» col dialegesthai
                    tra voci differenti, fondamento di reale
                    democrazia. 
                    2. Come è
                    cambiata la poesia negli ultimi 50 anni? 
                    Purtroppo in nessun
                    modo. La forma-«poesia» attuale, frutto del
                    radicamento di un «epigonismo»
                    allennesima, è rimasta identica alla
                    forma-«poesia» del mondo moderno. Dal
                    moderno al tardo-moderno non cè stata
                    nessuna variazione di registro della
                    forma-«poesia», e della stessa «poesia».
                    Cè ancora chi considera
                    metodologicamente sensati concetti
                    anacronistici come «autore», «diritto
                    dautore», individualità
                    dell«opera darte», «editoria»
                    come investimento, interpretazione
                    «oggettiva» di un testo o «critica
                    letteraria». Come se vivessimo ancora nel
                    1950, o nel 1850. In Italia cè chi
                    scrive ancora asinerie atelierane, di stile
                    ottocentesco, in endecasillabi ed ottonari;
                    ci sono gruppi di anziani che accreditano i
                    loro blog improvvisati come riviste
                    internazionali; cè chi, vittima di una
                    sindrome incurabile di alzheimer culturale,
                    vive nella nostalgia di Montale, Ungaretti,
                    Caproni o Turoldo. Perché non tornare ad
                    abbeverarci allo stile inestimabile di
                    Foscolo, Pascoli, D'Annunzio e Carducci? La crisi
                    mondiale, con la transizione tra un evo
                    (moderno) e un evo nuovo (tardo-moderno), non
                    ha avuto nessuna incidenza sul fenomeno
                    «poesia». Le vie originali della «poesia»
                    italiana moderna, i Villa, i G.P. Lucini, i
                    Campana, i Bellezza, i Sanguineti, non sono
                    state battute, destinate ad una sorta di
                    camorristica damnatio memoriae. 
                    3. Come si
                    identifica oggi il linguaggio della poesia? 
                    La forma-«poesia»,
                    oggi, è anacronistica. Cade ogni mera
                    eventualità di forma-«poesia». Perché,
                    nel tardo-moderno, collassa lentità
                    minima di correlazione tra semiotica e mondo
                    reale, basata sul trinomio classico
                    «soggetto» / «verbo» / «oggetto», in un
                    devastante corto circuito della mímesis
                    tra semiotica e mondo. Lidentità tra
                    mondo e «grammatica» si disintegra. Per
                    narrare, con i nostri inutili meta-récits
                    («grands récits», in Lyotard), la concreta
                    implosione di «soggetto» e «oggetto»
                    sull«azione» è divenuto
                    insufficiente il richiamo a una
                    forma-«poesia» fondata, con
                    l«immagine» tridimensionale o con la
                    «metafora», sul trinomio classico
                    «soggetto nominale» / «verbo» /
                    «complemento oggetto». La soluzione, molto
                    complessa, allo scollamento della mímesis
                    tra semiotica e mondo, è rinvenibile a]
                    nella concretizzazione di una efficace
                    anti-«forma-poesia», introdotta da
                    unaggiornata e combattiva
                    «neon»-avanguardia e orientata a riformare
                    lintera «grammatica» novecentesca, e
                    b] nella ri-definizione di un «predicato
                    nominale», di una originale ontologia
                    estetica, in grado di ridare energia o,
                    addirittura, di novare al / il trinomio
                    «soggetto nominale» / «verbo» /
                    «complemento oggetto» (dilemma teoretico
                    dell«identità»). Quanti sedicenti
                    grandi «poeti» italiani hanno afferrato il
                    senso di almeno mezza frase del mio discorso? 
                    4. Oralità,
                    scrittura, virtualità: come interagiscono i
                    differenti canali nella realizzazione del
                    testo poetico? 
                    Totalmente a cazzo,
                    a muzzo, a casaccio. Non si scorgono
                    grandi «progettualità» nellarte
                    contemporanea italiana: si assiste a un caos
                    di Geworfenheiten egotistiche e
                    narcisistiche, in agitazione / indignazione
                    costante. È tornata di moda
                    l«auralità». 
                    5. Qual è lo
                    status del poeta? Perché oggi uno
                    spacciatore o un pornografo sono più
                    accettati socialmente di un poeta? 
                    Nel tardo-moderno
                    cade ogni status di «poeta». Lhomo
                    consumens, o il lipovetskyiano homo
                    consumericus, ha un disperato bisogno,
                    quasi bulimico, di «seduzione», di essere
                    sedotto, di avere disponibilità assolute e
                    infinite di «capricci». La «poesia» non
                    seduce, ha smarrito labilità di
                    attrarre attenzioni e desideri: la
                    «metafisica del consumismo» ha ucciso ogni
                    forma-«poesia», condannandola a mera
                    esasperata ricerca di «originalità»
                    (progressivamente sempre più
                    originalizzabile) o confinandola
                    nellanacronistica acinesia
                    dell«epigonismo». La «poesia» o si
                    muove troppo lentamente nellattività
                    di soddisfacimento dei «capricci»
                    dellhomo consumens o non si
                    muove affatto, rimane immobile. La
                    «poesia», inoltre, frasticizzata (à la
                    Tranströmer), non ha «neustico», ha
                    smarrito la forza di orientare le decisioni
                    delle masse-monadi consumatrici. Ha smarrito
                    il suo «pubblico». Pornografi e
                    spacciatori, invece, sono in grado di
                    sedurre, di appagare ed esasperare i
                    «capricci» dei loro clienti, non lasciando
                    loro alcuna «[
] scelta di scegliere
                    [
]», in un contesto ambiguo di
                    libertà assoluta di scelta. Questa
                    attitudine a eternare una situazione di
                    insaziabilità, di induzione di «capricci»,
                    sola garantisce, nel tardo-moderno,
                    lattribuzione di uno status
                    categoriale (molto fragile / flessibile). La
                    «poesia» saziando e appagando senza indurre
                    astinenze non acquisisce status civitatis
                    nelle società consumistiche del
                    tardo-moderno, «privatizzate» e
                    de-«private». 
                    [Ivan Pozzoni] 
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