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L'area di Broca

Poesia XXI
cinque domande per provare a capire
cos'è, dov'è, dove va la poesia
in questo inizio di XXI secolo?

Maurizio Cucchi: "Teoricamente la funzione..."

1. Che funzione ha la poesia? A cosa serve?

Teoricamente la funzione della poesia non muta. Ma è chiaro che essendo molto mutato il mondo, essendo molto mutato il contesto sociale e culturale, muta anche la posizione della poesia, sempre più marginalizzata rispetto a qualsiasi altra forma di espressione. La poesia non è mai stata un’arte di massa, ma un tempo non esistevano miriadi di messaggi scadenti che oggi la rendono quasi invisibile, come sommersa da enormi cumuli di spazzatura indifferenziata. Il primo compito è perciò quello di resistere, di proseguire nella ricerca contro la tremenda banalità della cultura di massa. Di rifiutare ogni minimo cedimento al varietà, allo spettacolo kitsch, e al cattivo uso della lingua. Fosse anche solo (e ovviamente non lo è), il suo, una forma di soccorso e protezione della lingua dagli orrori mediatici, sarebbe già fondamentale.

2. Come è cambiata la poesia negli ultimi 50 anni?

E' venuto meno o quasi l’interrogarsi su quali materiali e in quali forme usare in poesia. Insomma, se negli anni Sessanta eravamo sommersi da formulazioni (e farneticazioni) teoriche, oggi tutto questo è del tutto assente. I più lavorano sul "già dato", lontani da ogni problematica estetica. Non si discute e non si ragiona più di niente. E di nuovo si vede davvero ben poco.

3. Come si identifica oggi il linguaggio della poesia?

Al linguaggio autentico della poesia si tende a proporre surrogati di facile circolazione. Ormai, molti credono che basti dichiararsi poeti per essere veramente tali. Non esiste più una società letteraria, che pur con i possibili equivoci o errori del caso, indicava le figure di spicco, il rinnovarsi del percorso collettivo della poesia. Siamo in un tempo che definirei di post-letteratura.

4. Oralità, scrittura, virtualità: come interagiscono i differenti canali nella realizzazione del testo poetico?

Ogni forma o aspetto del reale può diventare materia di poesia. Lo sappiamo da tanto. Il virtuale diffuso è puramente illusorio, e non è neppure realmente virtuale, perché non ha in sé nessuna possibile apertura ulteriore di senso. La parola è per sua natura orale, si sa, ma quando passa alla pagina di scrittura diventa subito altro, un’altra parola. Così come la stessa parola recitata o cantata diventa altre parole. Concetti elementari forse un po’ dimenticati nell’ignoranza dominante.

5. Qual è lo status del poeta? Perché oggi uno spacciatore o un pornografo sono più accettati socialmente di un poeta?

Chiunque sia pubblico, oggi, anziché risultare imbarazzante e vergognoso, è più importante e ammirato. E tanto più lo è quanto più lo diventa, appunto, pubblico. La dimensione pubblica del poeta non può essere quella di un comico della tv o di un cantante di canzonette. Deve essere una presenza pubblica che si radica in profondo. Ma oggi a chi può interessare? La scommessa, comunque, come sempre nella vera arte e nelle migliori imprese, è sulla durata.

[Maurizio Cucchi]