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28 novembre - 22 dicembre 2010

 Alessandro Facchini
Giotto, càlami il filino!
 Video della mostra

L'arte di Alessandro Facchini ha un che di sorprendente e familiare: è incongruente, surreale, ma nello stesso tempo è qualcosa che ci portiamo dentro. Da dove viene questo senso di quieto stupore, questa familiarità, affabilità, questa dimestichezza? Probabilmente dal fatto che le opere di Facchini si costruiscono mettendo insieme immagini, oggetti, volumi e colori nello stesso modo in cui si formano i sogni benevoli che popolano le nostre notti. Memorie dell'infanzia, desideri inconfessabili per il mondo adulto, un universo giocoso che abbiamo rimosso con la fine della fanciullezza, ma che ritorna nei momenti in cui il nostro autocontrollo si rilassa: quando dormiamo, quando ci abbandoniamo al più libero fantasticare.


Il sogno, è stato detto, è un espediente a cui ricorre la psiche per comunicarci in modo ambiguo e misterioso messaggi dal passato. Sprofondati nel sonno, ecco che la memoria suscita immagini, situazioni, persone, oggetti... e li rende percepibili alla mente. Ma, come un demone bizzoso, si diverte a prendersi gioco di noi e quelle forme che ha appena ricondotto al mondo le sposta di luogo, ne cambia il contesto, le associa nei modi più inaspettati, le condensa in rappresentazioni improbabili. Così, se ci torna in sogno la casa dell'infanzia, magari la vediamo abitata da persone conosciute altrove, piena di oggetti che non le appartengono e magari ci accorgiamo pure che è sospesa su una nuvola. Spostare di luogo oggetti, persone, ricordi e poi condensarli in palcoscenici bizzarri è il normale lavoro dei sogni.


Spostamento e condensazione sono anche le operazioni più evidenti nell'arte di Alessandro Facchini. Che però vi aggiunge un elemento di meditazione, un sottile brivido d'ansia e di malinconia, inquietudine per l'inevitabile risveglio, malinconia per l'inevitabile perdita. Le sue sculture mobili, i giochi volanti, le sue figure a due o a tre dimensioni, nel tradurre in materia sensibile i percorsi della memoria, ci fanno percepire un'ulteriore dimensione: quella del tempo, sempre in equilirio fra presente e passato, sempre sospeso ed appeso a un filo appena percepibile. Il filo, appunto, la fune dell'equilibrista e del funambolo, ma anche il cavo che unisce e stabilisce relazioni, l'emblema stesso di questa mostra, tanto da comparire nell'invocazione che le dà il titolo, citazione da Palazzeschi e Paolo Poli, ma anche affermazione di un legame diretto con la più forte tradizione culturale.


"Giotto, càlami il filino!" ci rimanda a un ricordo d'infanzia di Aldo Palazzeschi (Aldino, mi cali il filino?) ripreso da Paolo Poli in un suo spettacolo teatrale e lo collega alla grande tradizione figurativa toscana. Gioco, poesia, teatro, classicità sono i quattro punti cardinali dell'arte di Alessandro Facchini in questa mostra, un'arte legata alla grande tradizione del '900, densa di paradossi, misteriosamente in viaggio, sospesa ai fili della memoria.

[Paolo Pettinari]

ALESSANDRO FACCHINI vive e lavora a Firenze, la città dove è nato nel 1934. Espone dagli anni Settanta, periodo nel quale era fra gli artisti che facevano capo alla storica galleria fiorentina "Inquadrature 33". Tra il 1979 e il 1982 ha diretto, a Firenze, il Centro Culturale "Malachite". In diverse edizioni ha preso parte ad Arte Fiera di Bologna e ad Expo Arte di Bari. È stato invitato a numerose manifestazioni a carattere nazionale ed ha allestito personali in varie città italiane (Firenze, Prato, Verona, Roma, Bologna, Milano) [dal sito web Archivio Attivo Arte Contemporanea].

L'inaugurazione della mostra è stata domenica 28 novembre 2010. E' intervenuto Corrado Marsan.


Lo Studiolo di Campi
via Santo Stefano 53
nel centro storico pedonale di Campi Bisenzio, a 30 minuti da Firenze.
Bus 30 da S.Maria Novella, oppure pullman Cap / Lazzi da Largo Alinari.

Tutte le immagini sono
© dell'autore
 

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La mostra è a cura di
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