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Gianna Pinotti, Michelangelo e l’Amore tra letteratura e Bibbia, Gazebo libri, Firenze, 2014.

Presentazione 19 dicembre 2014
ore 17,00 - Palazzo Panciatichi
Sala degli affreschi
Via Cavour 4 - Firenze

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Nelle Rime Michelangelo Buonarroti (Caprese 1475-Roma 1564) mostra familiarità con l’astrologia e la concezione platonica e oracolare di Eros, dichiarando che durante il sonno, quindi attraverso il sogno, l’uomo può elevarsi, attingendo dalla sfera divina e divinatoria. Il poeta verseggia del furor d’Amore, che induce la perdita di sé, attraverso cui Eros, il daimon semidivino, mediatore tra Dio e l’uomo, può scendere a noi per indirizzarci alla virtù celeste e alla contemplazione della vera bellezza. In questo contesto d’indagine, la scultura del Cupido dormiente, eseguita dall’artista a Firenze nel 1496, si presenta come tappa importante, poiché, avendo essa come soggetto l’Amore, fulcro di tutto il percorso esistenziale e poetico buonarrotiano, offre al Maestro l’occasione per realizzare quel daimon in mezzo a due mondi, il terreno e il divino, il femminile e il maschile, ed esprimere la connessione tra Eros e mantica e il suo sentire l’amore come forza insidiosamente velenosa e insieme unico mezzo di elevazione dell’anima e curativo delle passioni terrene.

Così questo saggio, partendo da alcuni brani della Vita di Michelangelo redatta da Ascanio Condivi, che evidenziano le predisposizioni esoteriche del Maestro, e da testi di ambiente neoplatonico che forniscono spunti per le poesie e anche per quei criptici disegni a tema amoroso che l’artista realizzò per ragioni affettive, si propone di evidenziare la convergenza, nella poesia e nell’arte michelangiolesca, delle antiche dottrine pagane e del Cristianesimo, e di mostrare come il Maestro, con il suo animo visionario e in continuo fermento spirituale, si sia fatto straordinario interprete dell’assimilazione che viene a configurarsi tra i misteri orfici e la mistica paolina.

Nelle sue Rime, come nelle sue opere visuali, ricorrono alcune immagini che, sebbene si richiamino alla tradizione letteraria e figurativa antica e medievale, si calano in un universo estetico del tutto nuovo, facendosi portatrici di uno speciale sincretismo; di particolare importanza l’immagine polivalente del serpente e della sua muta, poiché in essa si trasfigura, sotto la spinta di Amore, la progressiva trasformazione spirituale e mutazione finale dell’artista in vista della morte e della comunione divina. Buonarroti si descrive come colui che sa guarire dal morso amoroso delle velenose serpi, assimilandosi a san Paolo, il profeta invulnerabile che, seppur colpito da una vipera, rimase miracolosamente illeso.

G.P.

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