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L'Area di Broca
Indice n.76-77
 

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"L'area di Broca", XXIX-XXX, 76-77, 2002-2003

CONTRO

 

Rosaria Lo Russo

da Una collana per Natascia
 

Rinata (II)

Ma non una neometrica, mi spiace!
Una abbagliata di luce non sua,
una che conta solo perché è fessa
fin dentro l'anima, dove riflessa

stroieggia strofettando e strafottendo
con urla di zip e di chiusura a strappo
di forme patriarchiste! Chista guagliona
o femmenella bacata da un millennio

che la riassorbe, autoimmune, al suo buio
interno, pipando col fesso di turno:
come sempre viagra eppur potente.

Ultrasmagata mi getto oltreoceanina
nell'orecchiocchio delle bocche vicine.
Tanto comunque nessuno ci caga.

 

Rimasuglio
 

Mi ammazzo per legittima difesa,
per non saper né leggere né scrivere,
evidenziando la mia parte lesa.


alla vecchia madre

 

Il tuo volermi riassorbire mi pesa
come un tuorlo fosforescente che lega
il cordone attorcigliato che mi soffoca.

Mi tocca di chiamarti dracula, strega,
devo, - che squallore -, quando l'ora scocca
di spegner nei tuoi occhi mezzanotte
per impedirti di tapparmi la bocca.

Mi fai sentire una mezzasega
Quando fai l'indemoniato di Cerasa:
ti domo a stento, alzami, cammina,
clicca beella doolce e caara mammina.

 

Mentre m'intimi "non lasciarmi!"
 

Non ti ho mai visto in faccia eppure
vagheggio che mi picchi a sangue,
flessa la schiena pargoletta m'inculi,
così mi riconforti e mi consoli.


al papà

 

Il potere delle parole:
è quello che mi manda in bestia,
il gòdere come intrattenimento
del fiato corto che singulta sillabe.

Sorrise parolette brevi
sono solo un patetico richiamo:
giudica tu se te la senti o meno.

Restituiscimi il maltolto,
onnipotente mano che carezza:
un frontino, una zuppa, una certezza.

 

Perdente

Questi sonetti in mi mi stanno stretti;
i miei sonetti in mi che non avrei vo-
luto mai e poi mai - mea culpa - invo-
luto vomiticcio di rimasugli indi-

gesti di forme, bel gesto, belcanto,
gestione prima, beltè, mostro d'inchiostro,
macchia indelebile su lenzuola usate
in alberghetti bigi,

refugium peccatorum
per epistassi di spretati sanguigni
col cazzo che gli scoppia

rosaceo da millenni,
per cuperose monache svestite
dai pruriti che gettano alle ortiche,

mi danno un senso tal di ricaduta,
di parturir poesì di bassa lega,
per cui mi fermo qui, sto,
esco, passo, non pesco.

 

Sonettessa
 

C'è da morir dal ridere a pensarci!
Si suppone che il metro e l'imago
tramite cui, lettor, t'accerchio e tramo,
stringi stringi derivino entrambi da Saffo.

"E forse ascosi han lor debiti onori
l'invidia o il non saper degli scrittori"
Ariosto, Orlando furioso, XX, 15-16

"it makes me wonder"
Led Zeppelin, Stairwair to heaven

 

Si subodora che la sublime imago,
casta fragmenta di letizia subreta
nell'agonico nostro melode sanremo,
fosse invenzione di Saffo di Lesbo!

Proprio la vista chiara et dolce et fresca
Che coglie i fiori ridente e se ne frega,
mentre si dà di cipria e intreccia ghirlande:

lustro d'affetto si commuove il glande.
Sorrido smorfiosa rendendomi conto:
nacque così di certo il gusto della sega.

Questo per quanto lo riguarda,
ma che riguardi anche noi altre
non ci credo nemmeno morta.
L'invidia ha sbarrato la porta.

Se non ci si fosse messo di mezzo
Il tormentone dell'amor cortese
Forse saremmo salve da un pezzo.

Polpe colpevoli di tornire grazie
Forse non subirebbero più offese.

Il gobbo del malaugurio aveva torto:
lei era proprio bella.
Guarda la kylix attica su sfondo bianco,
guarda come sorride,
padrona dei suoi mezzi,
raccolta e sicura, ricurva e intenta.

Dopamina, dopamina partenìa!

Un modus vivendi amètor in esilio
dalle bimbe che fummo
smagate e malmenate.

Dopamina, dopamina partenìa!

Un telefono azzurro per chiamarci nate:
insegnava a prepararsi la pietanza
da sé convinte alla buona creanza.

Dopamina, dopamina partenìa!

Di lei ricordo l'odore acre e melenso.
Le teneva arrovellate nel cavo di una mano
a maturare. Impazzo se ci penso.

Gongola Gongola sculettando mentre la invischia
la lingua di sua dotta mammola brontola.
Scrivevano e godevano sui prati stravaccate,
ella propriocettiva non temendo doppi si mischia.

Impara l'arte e mettila da parte,
Gaspara magna, Isabella, Bella d'Asia,
capestro ghirlandetta al collo di Rosaria,
morte di consunzione, di astenia o di parto.

Godevano e scrivevano toccandosi le tette:
la tremarella alle ginocchia prima dell'esame,
mi ricorda noi ragazze del Settantasette,
Fiori rosa fiori di pesco in coro cantavamo,

e fumavamo di nascosto nel bagno.
Marta mia addio, sottovoce, cantavamo
Non è Francesca, cantavamo sommesse.
Volevamo tutte diventare poetesse.

A braccetto sui lungarni
come beatrici prefiche,

portavamo le polacchine
e levavamo ambo le fiche.

Il fatto è che della sublimazione,
allora come allora e forse sempre,
Saffo cantando se ne faceva un baffo:

e per ogni epitalamio scritto ad un'amica
si sbafava contenta fra i fiori e le ortiche
glucopicra priapa paprika fica.
 


 
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