Indice L'area di Broca
 
L'Area di Broca
Indice n.73-74
 

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"L'area di Broca", XXVIII, 73-74, 2001

TERRA

 

Massimo Bernardi

da: Onirica
 

Di Berlino mi piace soprattutto l'assenza del muro. Lungo quella linea vuota scorre una sorta di alone magico, impalpabile imbuto che raccoglie i frammenti sbrecciati della storia. Quel vuoto ti lascia spazio per immaginare: immaginare tutti quei salti, quelle arrampicate, fragili tentativi di fuggire dall'altra parte; immaginare trent'anni di solitudine e di attesa, mentre l'eco degli spari e delle grida di morte ti raggiunge in quell'aria grigio-fuliggine, sul desolato bassopiano germanico-polacco che sfuma lentamente nel mar Baltico. In certi particolari momenti del giorno pare di sentire un suono, come il sibilo di un flauto che sussurra vicende più lontane: tesori nascosti in fondo al Reno, antiche saghe nordiche rimaste da qualche parte stese ad asciugare.

"Terra dell'aceto balsamico", diceva l'insegna ai bordi della strada. Oltrepassando quel borgo non potei evitare d'imbattermi in visioni di draghi, castelli inarrivabili, campagne estese per chilometri con sudditi a raccogliere umilmente l'uva di stagione. L'odore delle botti nelle abetaie era così intenso che per lo stordimento rischiai un frontale con un tir. È molto rischioso lasciarsi tentare dalle insegne.

Grado, Gorizia, Trieste, Lubiana... un calendario di città che ho appena sfogliato, cartoline sparse che girotondano nei miei pensieri finesecolo. Ultime ore al di qua del confine del tempo: la spina della storia sta per staccare la corrente, e presto ci ritroveremo catapultati oltre lo specchio come pionieri che avanzano nel deserto senza nome, nella tempesta virtuale delle strade intasate, delle spiagge, delle piste da scendere in slalom schivando le bandiere. I funamboli hanno fatto il loro tempo, è ora di spedire messaggi senza spessore, scoloriti come speranze annacquate in una serra. Vele che partono, saluti in eurovisione, strette di mano planetarie...

Tornato ieri da un viaggio in Friuli (ma sembrano già passati secoli). C'è una specie di fermo immagine mentale, il fotogramma di un treno fermo alla stazione di Gorizia; il castello sullo sfondo, il cielo azzurro-crepuscolo, la luna già alta, una presenza come di carrozze, un'aria come fine Ottocento (o prima guerra mondiale)...

Transitare al casello dove i laghi cristallizzano nella purezza estesa delle cose. Rivedere ancora un altro frammento (l'ultimo). Poi lasciare soltanto che l'inverno faccia il suo corso (e noi a seminare le attese, sotto una spanna di ghiaccio).
 


 
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