Arretrati L'area di Broca
 
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Progetto
I volti e le parole


R.Micale
ritratto di Elio Pecora


R.Micale
ritratto di Gabriella Maleti


R.Micale
ritratto di Roberto Deidier


R.Micale
ritratto di Mariella Bettarini


R.Micale
ritratto di Antonella Pierangeli


Materiali di riflessione e confronto
- Chi è il poeta?
-
Salvo imprevisti (i numeri sulla "poesia")

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L'area di Broca

Poesia XXI
cinque domande per provare a capire
cos'è, dov'è, dove va la poesia
in questo inizio di XXI secolo?

Giampaolo Trotta: "Nel suo notissimo saggio..."

Dipingere l'anima.
I ritratti di Rocco Micale come sintesi/astrazioni delle menti poetiche della nostra contemporaneità

"Sostano finalmente
nella mia camera ombrosa,
si sovrappongono i volti,
sono confuse le voci,
al mio cauto richiamo
rispondono chiamando,
dal mio desiderio adunate
ripetono il loro apparire"
(Elio Pecora, Epifanie)

Nel suo notissimo Saggio sopra la pittura, pubblicato a Venezia nel 1784, Francesco Algarotti ricordava come “non basta che il pittore sappia delineare le più scelte forme, rivestirle de' più bei colori e bene comporle insieme, […]; conviene ancora che […] scriva in certo modo sulla faccia loro ciò che pensano, ciò che sentono, che gli renda vivi e parlanti. E là veramente si esalta la pittura e diviene quasi maggiore di sé, dove sa fare intendere assai più di quello che si vede dipinto”.
   Il termine ritratto,come si sa, deriva dal latino re-traho, che si accomuna a pro-traho, da cui il francese e l’inglese portrait. Letteralmente significa ritirare, contrarre, ma anche l'azione di ‘tirar fuori’, di recuperare l'immagine interiore più connotante ed autentica della persona, quasi di portarla in vita con un atto procreativo o, meglio, maieutico, di una levatrice. Già Leonardo da Vinci, del resto, diceva che gli occhi sono lo specchio dell'anima. La possibilità di conoscere il carattere e la psiche attraverso il ritratto, in età moderna e contemporanea, ha coinvolto la psicologia e la psicanalisi, ma rimane fondamentale il suo legame con l'indagine poetica della persona umana. Il ritratto, infatti, al di là delle componenti 'scientifiche', quando è autentico e no puro esercizio accademico, coglie l'anima in maniera intuitiva e non solamente razionale, proprio come la poesia.
   Così, le opere del pittore Rocco Micale sono mutevoli ed immaginifiche per rappresentazione dei differenti poeti, ma tutte unite dal comun denominatore di sviscerare la complessità affascinante di importanti letterati della nostra tormentata contemporaneità. E gli occhi, da lui sempre colti in un'acquosa trasparenza penetrante, disvelano veramente pensieri e idealità fatti scaturire dall'anima e divengono 'icone' delle parole scritte da quelle menti.
   Quadri solo apparentemente ‘silenti’: essi parlano direttamente alla nostra mente e al nostro cuore, cercano la matrice culturale interiore dei vari personaggi nei quali riflettersi, pensare, ricordare. Silenzi costruttivi, o, meglio, poesie per immagini senza parole, volti dati alle voci di cui si scompone il silenzio e che espressamente omaggiano la comunicazione verbale attraverso la fisiognomica, fatta di pause meditate, di riflessione senza clamore (quindi una pseudo non-comunicazione). I suoi volti di poeti s'illimpidiscono e s'illuminano proiettando la luce delle loro galassie interiori su di noi, modernissima, ma dalle radici antiche; il velo che cela e divide le masse dei più dalla poesia si squarcia, s'infrange come fragile vetro. Parafrasando una poesia di Elio Pecora (Alba), in essi "traspare una luce remota, / s'alza, si spande. / L'immenso velario dell'ombra / s'invetra, si disfa".
   Opere intelletualisticamente e tecnicamente sempre poetiche quelle di Micale, che ci immergono in un mondo di cultura contemporanea della quale i suoi quadri costituiscono una sorta di imago, una summa picta dalle motivazioni sofisticatamente ‘antiquarie’ e 'tradizionali' per tecnica (disegno realista psicologico, degno della più alta scuola otto-novecentesca), ma dai contenuti estetico-formali sapientemente postmoderni, per questo non in antitesi conflittuale inconciliabile con le sue opere digitali (come la serie sui Tarocchi), ma in dialogo con esse attraverso lo stupore semantico e semiotico dell'allusione psicologico-simbolica. Ritratti, quindi, come poesia dipinta, come un lungo ed intimo colloquio tra la raffigurazione e la parola. Percorsi dove pensieri e figure si compenetrano e si perdono in una limpida classicità. Un connubio, certo, non nuovo tra la parola scritta ed il segno dipinto (basti pensare alla Poesia Visiva nella seconda metà del Novecento) o già sperimentato nella vita da poeti-pittori come Franco Manescalchi, ma in questo caso i ritratti, delicati e forti ad un tempo, di Rocco Micale hanno anche il merito di rendere veicolabile al grande pubblico uno spaccato significativo della produzione poetica italiana contemporanea dagli Anni Settanta a quelli Duemila, troppo spesso costretta entro ambiti di nicchia, restituendole, parallelamente, anche un'immagine visibile mediante i ritratti dei suoi protagonisti. Spesso chi 'reinventa' o interpreta il mondo attraverso la poesia e trasforma le emozioni umane in eterei versi, infatti, non beneficia di un'immagine iconica intesa come 'volto' individualizzante di riferimento cui associare mentalmente la parola scritta. Questa serrata serie di 'volti' segnati sulla carta da Micale vuole compensare anche questa mancanza, così che la carta medesima diviene viatico della parola poetica e del 'ritratto' esteriore/interiore di colui che quella parola ha fatto sbocciare. Elio Pecora e tutti gli altri poeti, così, divengono non più astratti nomi di universi poetici, ma anche coscienze dell'oggi fatti di carne, di volti, di occhi, di vita, il cui pensiero si transustanzia in parole e in immagini, nel contempo universali e individualisticamente connotate.
   Tutto ciò filtrato da una grande abilità tecnica, dal disegno e dall'acquerello uniti alla gestualità ispirata (proprio come una poesia quando è autentica), da una colta riflessione ed elaborazione interiore delle potenzialità che tuttora i poeti 'veri' – e non i falsi profeti di un'attardata oleografia autoreferenziale, decadente e del tutto sterile – hanno nel nostro mondo così apparentemente inaridito in una tecnologia totalizzante ed asfissiante.
   Come i racconti di Ernest Hemingway, i ritratti di Micale vanno 'letti' perché raccontano la vita e nulla di più, perché sono una sintesi estetico-mentale e una metafora culturale della poesia della vita e ‘semplicemente’ null’altro.

[Giampaolo Trotta]

Progetto: I volti e le parole