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L'area di Broca

Poesia XXI
cinque domande per provare a capire
cos'è, dov'è, dove va la poesia
in questo inizio di XXI secolo?

Barbara Serdakowski: "Tutto nasce dal..."

Che funzione ha la poesia? A cosa serve?

Tutto nasce dal gesto poetico che chi è poeta pone prima di farsi domande. Le parole fuoriescono in forme inconsuete e come il siero dopo il sangue si rapprendono. Spesso ci si sente a se stessi meravigliati, forse addirittura estraniati. "Ogni poesia è misteriosa. Nessuno sa interamente ciò che gli è stato concesso di scrivere". Ha detto Borges. Michaux aggiunge: "Il vero poeta crea, poi comprende… qualche volta". Essendo questo l’essenza dell’essere umano, la funzione della poesia rimane invariata perché indipendente dal tempo e dai suoi avvenimenti.

La poesia non è una scelta con funzioni, è "l'espressione metaforica di contenuti umani". Credo che sia una leggerezza considerare l’arte / la poesia attraverso la sua componente di "fruizione", come se fosse entertainment, per usare la parola inglese in voga. La poesia nasce dall’umano come nascono i torrenti dalla terra e ne fruisce chi ha fortuna. Anche senza fruizione il torrente prende vita. La poesia, poiesis, vuol dire creazione. La poesia sono le parole non dette di chi un giorno ha abbracciato un albero o smarrito un sentiero. Chi è poeta e chi no? Essere poeti è nel fare e nell’intenzione non si può certo negare di essere poeti a nessuno. Poeti bravi? Significativi? Questo poi dipende da tanti fattori. Pittori, scultori, musicisti, coreografi, registi, fotografi, tutti partono dalla loro poesia interiore. Poi si devono fare i conti con la storia, la bravura, la preparazione, oh! conti con tante cose!! La funzione della poesia oggi? Quella di sempre. Spiegare il mondo, nutrire e salvare l’anima. "La salvezza dell’uomo è nelle mani dei disadattati creativi" diceva Martin Luther King.

La poetessa argentina Alejandra Pizarnik risponde in modo ambiguo e quasi pericoloso: "Scrivi poesie perché hai bisogno di un posto dove essere quello che non sei". Aggiungerei: Che non sapevi di essere? Che non volevi che altri pensassero che tu fossi? Un nascondiglio dell’anima? La poesia come psicoanalisi? Come filosofia surreale? I poeti riescono a mettere in parole quel che palpita nell’anima, il percepito ma intangibile. Non posso non nominare Khalil Gibran che più di altri è l’incarnazione stessa della poesia:

La poesia è il salvagente
cui mi aggrappo
quando tutto sembra svanire.
Quando il mio cuore gronda
per lo strazio delle parole che feriscono,
dei silenzi che trascinano verso il precipizio.
Quando sono diventato così impenetrabile
che neanche l’aria
riesce a passare.

Fine 800, il rivoluzionario e scrittore cubano José Martí scrive: "Un granello di poesia è sufficiente a profumare tutto il secolo". Mi fa pensare che i secoli passano ma la poesia resta e profuma.
 

Come è cambiata la poesia negli ultimi 50 anni?

Dove? Nasce spontanea la mia domanda ma questo perché sono di altrove. Forse preferisco rispondere sulla cambiata reperibilità. Come tutte le arti è seppellita sotto una coltre mediatica e l’accesso sfrenato all’autocelebrazione. L’alfabetizzazione ha dato i suoi giusti frutti. L’accesso ai media di diffusione di massa anche e oltre. Ora cercare le "vere" poesie, le pitture, le musiche diventa la caccia al famoso ago nel pagliaio. E' sempre stato un ago nel pagliaio ma ora c’è tanta, ma tanta paglia in più. Tutti si improvvisano poeti, scrittori, giornalisti, artisti, stilisti, trascurando la più fondamentale preparazione, a scapito del talento e va bene tutto, soprattutto il "perché non io". Essere poeti come ricamatori occasionali, fare bricolage nel garage, dipingere pigne per l’albero di natale o scrivere belle frasi per cartoline di auguri. Al diavolo studio, letture fino a consumarsi gli occhi, ore di discese pericolose nel fondo dell’anima per grattarne tutti gli strati e finanche il catrame. Octavio Paz diceva: "Ciò che caratterizza la poesia è la sua dipendenza dalle parole quanto il suo desiderio di trascenderle". La poesia, quella vera c’è, quei pochi nascono ogni giorno, ma trovarla oggi, districarla dalla matassa del qualunquismo è un’impresa davvero ardua e con l’accelerazione dei tempi spesso fallimentare per logoramento. Non molto diverso da trovare una conchiglia rara sulle spiagge seppellite dai nostri rifiuti. In altri tempi la conchiglia spiccava meglio. Ora c’è ma si confonde con magari un pezzo di polistirolo levigato.
 

Qual è lo status del poeta? Perché oggi uno spacciatore o un pornografo sono più accettati socialmente di un poeta?

Una domanda che un po’ mi ha scioccato e volevo rispondere protestando, dire che forse è una provocazione troppo spinta ma poi, all’improvviso, sullo schermo del computer mi appare la dicitura: Compleanni di oggi 4 maggio: Rocco Siffredi (attore porno), Renato Vallanzasca (criminale), Joseph Joubert (filosofo e aforista) le braccia mi cadono e sussurro sconsolata: hanno ragione. Lo status del poeta oggi come lo status del pittore è diventato sinonimo di sognatore senza arte né parte, uno che dovrebbe mettere la testa a posto e magari "sfogarsi" nei weekend. Questo è dovuto alla nuova propensione a credere che tutti possono fare tutto e chi siamo noi per giudicare come le persone si "esprimono". Fortunatamente la musica (ma anche la ceramica a questo punto) ci dimostra che senza sapere fare le cose, senza talento, senza incessante pratica, capacità e "mestiere" il risultato potrebbe risultare scarso e andrebbe considerato con diffidenza. Il critico d’arte Francesco Bonami dice: non è difficile riconoscere una buona opera. L’opera dell’artista bravo "suscita dentro di noi una sensazione completamente diversa da quella prodotta (…) da un millantatore (…) che sarà capace di mettere al mondo solo cose con la forma e l’aspetto ma prive di anima".

La fama del criminale, del trasgressore, i soldi, la beffa al sistema attira e affascina. Essere poeta dà l’idea del miserabile che si purga scrivendo versi e piangendo lacrime amare per amori perduti tra prati di fiori e mari dal grigiore infinito, tanto vale un tweet e qualche bella foto su Instagram. Fare poesia è "un’altra cosa". Citerei Szymborska che trasforma anche la parola più insospettabile in poesia pura: "La cipolla è un'altra cosa. | Interiora non ne ha. | Completamente cipolla | fino alla cipollità. | Cipolluta di fuori, | cipollosa fino al cuore, | potrebbe guardarsi dentro | senza provare timore".

[Barbara Serdakowski]