Arretrati L'area di Broca
 
Altri fascicoli

Leggi
le altre risposte

 

Materiali di riflessione e confronto
- Chi è il poeta?
-
Salvo imprevisti (i numeri sulla "poesia")

Mediateca Italiana
 
Mediateca Italiana

 

 
L'area di Broca

Poesia XXI
cinque domande per provare a capire
cos'è, dov'è, dove va la poesia
in questo inizio di XXI secolo?

Ivan Pozzoni: "La domanda è oramai..."

1. Che funzione ha la poesia? A cosa serve?

La domanda è oramai anacronistica, figlia di concezioni strutturaliste o funzionaliste tipiche della modernità. La «poesia», attualmente, non ha nessuna funzione e non serve a niente; non serve a nessuno. Perdendo un «pubblico», ha smarrito la funzione classica di strutturare e/o de-strutturare le società tardo-moderne. La «poesia» è un fossile moderno in epoca tardo-moderna, fatta da spettri che delirano nei Poetry slam o da mummie che si annoiano reciprocamente ai meeting di lettura (Odissee nell’Ospizio). L’inutilità della «poesia» fossile si traduce nell’urgenza di un’anti-«poesia» che, fatta tabula rasa di ogni residuo moderno di «poesia», riacquisti un «pubblico» e rifondi «comunità» etiche (abbattute dalla de-«privazione» del «pubblico» del tardo-moderno). Arte ed etica, incontrandosi sulla strada della metaetica emotivista, realizzeranno, insieme all’antiformalismo, una bellicosa estetica normativa individuale: sopperendo alle carenze dell’etica, la nuova «poesia» tornerà a avere «voce» col dialegesthai tra voci differenti, fondamento di reale democrazia.

2. Come è cambiata la poesia negli ultimi 50 anni?

Purtroppo in nessun modo. La forma-«poesia» attuale, frutto del radicamento di un «epigonismo» all’ennesima, è rimasta identica alla forma-«poesia» del mondo moderno. Dal moderno al tardo-moderno non c’è stata nessuna variazione di registro della forma-«poesia», e della stessa «poesia». C’è ancora chi considera metodologicamente sensati concetti anacronistici come «autore», «diritto d’autore», individualità dell’«opera d’arte», «editoria» come investimento, interpretazione «oggettiva» di un testo o «critica letteraria». Come se vivessimo ancora nel 1950, o nel 1850. In Italia c’è chi scrive ancora asinerie atelierane, di stile ottocentesco, in endecasillabi ed ottonari; ci sono gruppi di anziani che accreditano i loro blog improvvisati come riviste internazionali; c’è chi, vittima di una sindrome incurabile di alzheimer culturale, vive nella nostalgia di Montale, Ungaretti, Caproni o Turoldo. Perché non tornare ad abbeverarci allo stile inestimabile di Foscolo, Pascoli, D'Annunzio e Carducci? La crisi mondiale, con la transizione tra un evo (moderno) e un evo nuovo (tardo-moderno), non ha avuto nessuna incidenza sul fenomeno «poesia». Le vie originali della «poesia» italiana moderna, i Villa, i G.P. Lucini, i Campana, i Bellezza, i Sanguineti, non sono state battute, destinate ad una sorta di camorristica damnatio memoriae.

3. Come si identifica oggi il linguaggio della poesia?

La forma-«poesia», oggi, è anacronistica. Cade ogni mera eventualità di forma-«poesia». Perché, nel tardo-moderno, collassa l’entità minima di correlazione tra semiotica e mondo reale, basata sul trinomio classico «soggetto» / «verbo» / «oggetto», in un devastante corto circuito della mímesis tra semiotica e mondo. L’identità tra mondo e «grammatica» si disintegra. Per narrare, con i nostri inutili meta-récits («grands récits», in Lyotard), la concreta implosione di «soggetto» e «oggetto» sull’«azione» è divenuto insufficiente il richiamo a una forma-«poesia» fondata, con l’«immagine» tridimensionale o con la «metafora», sul trinomio classico «soggetto nominale» / «verbo» / «complemento oggetto». La soluzione, molto complessa, allo scollamento della mímesis tra semiotica e mondo, è rinvenibile a] nella concretizzazione di una efficace anti-«forma-poesia», introdotta da un’aggiornata e combattiva «neon»-avanguardia e orientata a riformare l’intera «grammatica» novecentesca, e b] nella ri-definizione di un «predicato nominale», di una originale ontologia estetica, in grado di ridare energia o, addirittura, di novare al / il trinomio «soggetto nominale» / «verbo» / «complemento oggetto» (dilemma teoretico dell’«identità»). Quanti sedicenti grandi «poeti» italiani hanno afferrato il senso di almeno mezza frase del mio discorso?

4. Oralità, scrittura, virtualità: come interagiscono i differenti canali nella realizzazione del testo poetico?

Totalmente a cazzo, a muzzo, a casaccio. Non si scorgono grandi «progettualità» nell’arte contemporanea italiana: si assiste a un caos di Geworfenheiten egotistiche e narcisistiche, in agitazione / indignazione costante. È tornata di moda l’«auralità».

5. Qual è lo status del poeta? Perché oggi uno spacciatore o un pornografo sono più accettati socialmente di un poeta?

Nel tardo-moderno cade ogni status di «poeta». L’homo consumens, o il lipovetskyiano homo consumericus, ha un disperato bisogno, quasi bulimico, di «seduzione», di essere sedotto, di avere disponibilità assolute e infinite di «capricci». La «poesia» non seduce, ha smarrito l’abilità di attrarre attenzioni e desideri: la «metafisica del consumismo» ha ucciso ogni forma-«poesia», condannandola a mera esasperata ricerca di «originalità» (progressivamente sempre più originalizzabile) o confinandola nell’anacronistica acinesia dell’«epigonismo». La «poesia» o si muove troppo lentamente nell’attività di soddisfacimento dei «capricci» dell’homo consumens o non si muove affatto, rimane immobile. La «poesia», inoltre, frasticizzata (à la Tranströmer), non ha «neustico», ha smarrito la forza di orientare le decisioni delle masse-monadi consumatrici. Ha smarrito il suo «pubblico». Pornografi e spacciatori, invece, sono in grado di sedurre, di appagare ed esasperare i «capricci» dei loro clienti, non lasciando loro alcuna «[…] scelta di scegliere […]», in un contesto ambiguo di libertà assoluta di scelta. Questa attitudine a eternare una situazione di insaziabilità, di induzione di «capricci», sola garantisce, nel tardo-moderno, l’attribuzione di uno status categoriale (molto fragile / flessibile). La «poesia» saziando e appagando senza indurre astinenze non acquisisce status civitatis nelle società consumistiche del tardo-moderno, «privatizzate» e de-«private».

[Ivan Pozzoni]