Arretrati L'area di Broca
 
Altri fascicoli

Leggi
le altre risposte

 

Materiali di riflessione e confronto
- Chi è il poeta?
-
Salvo imprevisti (i numeri sulla "poesia")

Mediateca Italiana
 
Mediateca Italiana

 

 
L'area di Broca

Poesia XXI
cinque domande per provare a capire
cos'è, dov'è, dove va la poesia
in questo inizio di XXI secolo?

Giuliano Ladolfi: "Per la rivista «Atelier»..."

1. Che funzione ha oggi la poesia? A cosa serve?

Per la rivista "Atelier" la poesia oggi assume due funzioni: una etica e una estetica. La prima nasce dalla considerazione che la scrittura in versi è l’unico settore dell’arte non soggetto alla cultura "emporiocentrica", al mercato. Non è stata mercificata, anzi la sua marginalità va considerata un valore che testimonia la grandezza dell’uomo che si ribella all’omologazione della dittatura dell’economia. La funzione etica della poesia, e dell’arte in generale, deriva dalla necessità di porre in secondo piano il fine di rappresentare la bellezza e di procurare un piacere estetico, oggi ci si deve proporre il fine di produrre un tipo di conoscenza "olocrematica" (olòs «che forma un tutto intero» e chrêma «cosa che si usa, utensile»), onnistrumentale (non "onnicomprensiva" ossia che deve comprendere tutto) nel senso che adopera la totalità degli strumenti gnoseologici umani. Di conseguenza, è la conoscenza (la scoperta di una nuova apertura sul reale) che produce il piacere estetico, non il piacere estetico che produce la conoscenza. Nulla vieta di considerare l’armonia artistica come strumento di intelligibilità del complesso, del molteplice e del caotico, sempre restando nell’ambito di un’impostazione gnoseologica. Ho parlato di arte "olocrematica" perché nei suoi risultati più convincenti è presente il segno dell’intero essere umano, del suo trovarsi nel presente, del suo essere storia, individuo, cultura e civiltà, della sua attitudine a progettare il futuro e soprattutto della sua necessità di interrogarsi sui quesiti esistenziali, della relazione con se stesso, con gli altri e con il mondo. Questa forma suprema di conoscenza si invera non per mezzo di concetti, ma in un "oggetto" che può essere il marmo, la parola, il colore, il suono, la fotografia, la ripresa cinematografica ecc. La filosofia, come la scienza, servendosi della razionalità, "de-finisce" la realtà, le dà forma, la pone in ordine, la cataloga, la anatomizza, la viviseziona; l’arte, invece, è conoscenza di realtà in-formale, in-definita, non caotica però, molteplice, complessa, multiforme, contraddittoria, in divenire. L’artista, pertanto, non è un filosofo, che organizza il suo pensiero secondo i princìpi di non contraddizione, di coerenza e di consequenzialità e neppure produce in modo in-effabile quasi fosse ispirato da una divinità, come pensavano gli antichi. Il processo di conoscenza artistica presenta tali e tante interconnessioni che è veramente arduo solo pensare di descrivere precise procedure, perché è il risultato della partecipazione dell’intero essere umano in tutte le sue componenti: fisiche (il poieîn), mentali, percettive, emotive, sentimentali, consce, inconsce, progettuali, memoriali, individuali, relazionali e collettive (l’uomo è storia), per cui ogni de-finizione esclude parti consistenti di questo processo.

2. Come è cambiata la poesia negli ultimi 50 anni?

Negli ultimi 50 anni la poesia è molto cambiata: dopo il successo editoriale e mediatico degli Anni Settanta, si è passati a un clima di "limbo" negli Anni Ottanta e Novanta per scomparire nel periodo successivo. La poesia contemporanea è diventata una lettura di nicchia, nonostante i festival, i reading e i premi letterari. L’università dedica scarsissima attenzione agli autori viventi, di conseguenza i docenti e i giovani non li conoscono, non li leggono. I motivi sono diversi: l’allontanamento del pubblico procurato dall’Ermetismo, dalle avanguardie, dai gruppi di potere ecc. Questo tuttavia non ha impedito un profondo rinnovamento della poesia negli ultimi vent’anni.

3. Come si identifica oggi il linguaggio della poesia?

Nella prefazione all’Opera comune. Poeti nati negli Anni Settanta (1999) è stato tracciato un manifesto ben preciso a questo proposito. Si avverte nei giovani l’esigenza "positiva" di un linguaggio coniugato con il mondo, di una parola che non tradisca il reale e che di esso divenga il respiro (E. Jabès), «chiara», perché radicata sul vero (con la “v” minuscola). Ma ritrovare una parola «chiara» comporta anche ritrovare una parola «forte», capace di creare, di comunicare, di "edificare", di dialogare secondo le suggestioni filosofiche di Hans Georg Gadamer che accentua il carattere particolare del linguaggio all’interno della conoscenza umana: «L’essere che può venire compreso è il linguaggio» e questo linguaggio non è descrizione distaccata, ma «evento dialogico» che coinvolge tutti gli interlocutori e, quindi, anche il lettore.

4. Oralità, scrittura, virtualità: come interagiscono i differenti canali nella realizzazione del testo poetico?

Non è possibile stabilire uno schema interpretativo sul modo in cui interagiscono oralità, scrittura e virtualità nella realizzazione di un testo poetico, perché entra in gioco la personalità del singolo autore e il suo rapporto con un pubblico concreto e virtuale. I nuovi strumenti di comunicazione hanno permesso una diffusione della poesia impensabile fino a qualche decennio fa e in questo momento è difficile prevederne gli esiti.

5. Qual è lo status del poeta? Perché oggi uno spacciatore o un pornografo sono più accettati socialmente di un poeta?

Lo status attuale è del poeta, come si diceva, è l’emarginazione che può essere vissuta come romantico motivo di orgoglio, come motivo di autocommiserazione oppure come responsabile condizione di protesta, di responsabilità e di impegno.

[Giuliano Ladolfi]