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L'area di Broca

Poesia XXI
cinque domande per provare a capire
cos'è, dov'è, dove va la poesia
in questo inizio di XXI secolo?

Massimo Acciai Baggiani: "Da un punto di vista..."

1. Che funzione ha la poesia? A cosa serve?

Da un punto di vista meramente pratico la poesia non serve proprio a nulla. Il mondo può andare avanti senza i poeti ma non senza architetti, medici, poliziotti o netturbini. La poesia oggi sta chiusa in una torre d’avorio, distaccata dalla realtà quotidiana, ignota al grande pubblico, relegata in libri che quasi nessuno compra o legge. Eppure la poesia, quella vera, ha ancora il potere di commuovere gli animi sensibili, di fornire uno sfogo a chi se la sente premere dentro; esprime – o tenta di esprimere – l’inesprimibile, il sublime, l’infinito. La poesia ci fa riflettere, sognare, indignarci, amare ma non penso che abbia una funzione specifica nella società di oggi, così prosaica e distratta da forme di comunicazione più immediate e di facile uso.

2. Come è cambiata la poesia negli ultimi 50 anni?

Oggi la poesia si confronta con nuovi linguaggi e nuovi media che non esistevano mezzo secolo fa: il web, la globalità, il digitale e gli smartphone. La poesia la si trova gratuitamente su internet, nei blog, sui social: è diventata alla portata di tutti ma ciò, a mio parere, non le ha giovato più di tanto; non ne ha aumentato la lettura da parte del grande pubblico ma solo la diffusione delle proprie poesie che restano per lo più non lette.

3. Come si identifica oggi il linguaggio della poesia? Oralità, scrittura, virtualità: come interagiscono i differenti canali nella realizzazione del testo poetico?

Il linguaggio poetico è stato inevitabilmente influenzato dai nuovi media che stanno rapidamente cambiando la scrittura e la lingua. Sono entrati nuovi vocaboli, mentre altri sono caduti in disuso. Oggi la poesia parla il linguaggio del web, sta scomparendo dal cartaceo e si sta trasferendo nella rete dove i testi sono brevi e devono stupire di continuo per mantenere l’attenzione di un pubblico con una soglia di concentrazione sempre più bassa. Oggi non sono più concepibili poemi lunghi farciti di arcaismi: non li leggerebbe più nessuno, o quasi.

4. Qual è lo status del poeta? Perché oggi uno spacciatore o un pornografo sono più accettati socialmente di un poeta?

Per i motivi enunciati nella risposta alla prima domanda lo status del poeta non può che essere basso: la scuola ci ha abituato a guardare alla poesia come a qualcosa di astruso e obbligatorio, da imparare a memoria e da parafrasare in vista di un’interrogazione o un compito in classe. Il poeta di oggi parla a un pubblico ristretto di addetti ai lavori in grado di comprenderlo, mentre la maggior parte delle persone si rivolge ad altre forme letterarie più accessibili. Ritengo, come molti oggigiorno, che la vera poesia popolare moderna sia rappresentata dai testi delle canzoni – da quei testi di qualità ovviamente: un cantautore come Fabrizio De André ad esempio può ben dirsi poeta e al tempo stesso godeva (e gode tuttora, in forma postuma) di un alto status tra i giovani e i meno giovani, così come nei paesi anglofoni il recente Nobel per la letteratura Bob Dylan. Forse la poesia dovrebbe riunirsi alla musica come avveniva in passato, prima dell’invenzione della stampa e prima del “divorzio” con l’oralità e il canto. Forse in tal caso un poeta non sarebbe più sentito come un tipo strambo che scrive cose incomprensibili ma, veicolate dalla musica e da quelle occasioni di socializzazione rappresentate dai concerti, le parole poetiche sarebbero più vicine alla massa.

[Massimo Acciai Baggiani]